martedì 30 agosto 2016

Ho visto "Presa Diretta"



http://www.huffingtonpost.it/alessandro-buttitta/presa-diretta-rai-_b_11770592.html 

Il 29 agosto 2016 è una di quelle date che ogni dirigente che ha un ufficio al settimo piano di Viale Mazzini 14 dovrebbe tenere a mente: in quella sera, infatti, la Rai è tornata a essere servizio pubblico dando ai suoi telespettatori storie meritevoli di esser raccontate, testimonianze che valeva la pena raccogliere, occhi e sguardi che dovevano esser mostrati. La Rai è ridiventata servizio pubblico quasi senza accorgersene, in una sera di fine estate, affidando la stessa missione a due produzioni tanto distanti quanto vicine. Con "Io sono Libero", docufilm di Rai Uno sull'imprenditore Libero Grassi ucciso dalla mafia nel 1991, e una puntata di "Presa Diretta" sulla vita e la morte di Giulio Regeni, trasmessa in contemporanea su Rai Tre, si sono aperti spiragli di luce in quei coni d'ombra in cui troppo spesso ci cacciamo per pigrizia o semplice assuefazione alla stretta attualità.




E’ difficile, vorrei scrivere moltissimo di quello che mi agita dentro, ma temo di non riuscire a farlo.
Troppo violenta la sensazione di rabbia e impotenza che è scaturita nell’assistere alla puntata di “Presa diretta” sul caso Regeni. Quando si vengono a conoscere particolari così precisi e inquietanti, cui non si può sfuggire, sostenendo con se stessi che è meglio non sapere, ecco in quei momenti non si può far altro che lasciarsi sommergere lentamente dallo sgomento, e poi provare a scaricare la successiva collera cercando di esprimere le intense emozioni, come meglio si può.
Vedere come anche di fronte a una situazione di manifesta politica dittatoriale, condita dalla più feroce repressione nei confronti della misera opposizione, con infiniti casi conclamati di violenza, di tortura fino alla morte, da parte dei Servizi del Regime, di cui Giulio Regeni costituisce l’elemento che ha permesso di squarciare un poco la cappa nera sulla situazione in Egitto; vedere come tutto questo non basta a far cambiare la nostra politica, cosiddetta democratica e attenta alle libertà costituzionali, è lancinante. Constatare, una volta di più, che l’unico, assoluto, inalienabile principio è sempre, e solo, comunque, ovunque quello dell’ INTERESSE ECONOMICO, vedere tutto questo dà il voltastomaco.



Ricordo bene il dibattito politico ai tempi di Ceausescu in Romania, quando a sinistra ci si sperticava nel sostenere la necessità di isolare politicamente ed economicamente quel Paese, per dare un supporto all’Opposizione che andava crescendo, finché si arrivò alla rivolta popolare che detronizzò il dittatore. Ebbene questa in Egitto oggi non è la stessa storia? Eppure il nostro illuminato governo democratico continua a mantenere i rapporti commerciali con il Dittatore al-Sisi e finge una “arrabbiatura” da operetta sulla questione Regeni.
Se già era difficile e impegnativa negli anni ‘60 la lotta per l’eguaglianza sociale, contro i privilegi e per un mondo più pulito, oggi nell’era della Globalizzazione diventa tutto più complicato e inestricabile, e per emergenze come quella dell’immigrazione, dei popoli che fuggono da guerra e miseria, si fanno alleanze anche con gli orchi per ridurre le proprie responsabilità. Di fronte poi al pericolo del Terrorismo feroce e alla micidiale irrefrenabile arma dei kamikaze è facile trovare pretesti ammissibili per determinate scelte. E così ci si trova totalmente inermi, svuotati e incapaci di reagire concretamente, e con chi?



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